giovedì 7 gennaio 2010

Cinque nuovi, invivibili mondi

Ecco i primi pianeti scoperti dal satellite Kepler

Il satellite Kepler, lanciato dalla NASA nel marzo del 2009, inizia a dare i suoi primi frutti. I responsabili della missione spaziale, in cerca di pianeti al di fuori del nostro Sistema Solare, hanno infatti annunciato le prime scoperte lo scorso lunedì, in occasione del meeting annuale dell’American Astronomical Society, che ha luogo in questi giorni a Washington.

Cinque nuovi pianeti, in orbita intorno a stelle lontane oltre 100 anni luce dal nostro Sole, sono stati individuati durante i primi mesi di osservazioni effettuate da Kepler, e vanno così ad aggiungersi al novero di pianeti extra-solari già scoperti finora, che ammonta ad oltre 400. Grazie a questi progressi, ottenuti soltanto negli ultimi 15 anni, gli astronomi possono comprendere meglio come pianeti, e sistemi planetari come il nostro, si formino intorno alle stelle.

I nuovi mondi scoperti da Kepler sono molto diversi dal nostro pianeta: sono infatti molto più grandi ed estremamente più caldi della Terra. Quattro di loro sono addirittura più grandi di Giove, il più grande dei pianeti alla corte del Sole, e solo uno di essi è leggermente più piccolo, avvicinandosi come dimensioni a un altro gigante del Sistema Solare, Nettuno.


Date le loro elevate temperature, di oltre 1200 gradi, ipotizzare che questi pianeti ospitino forme di vita di tipo “terrestre” è praticamente impossibile. Lo scopo della missione Kepler è tuttavia più ambizioso: nei prossimi tre anni di osservazioni è probabile che gli astronomi riescano ad individuare qualche pianeta simile al nostro, in qualche angolo della nostra Galassia.

Il fatto che i primi pianeti scoperti siano dei giganti è un “inconveniente” del metodo utilizzato per trovarli. Infatti, Kepler si avvale della cosiddetta tecnica del “transito”: quando un pianeta passa davanti alla stella intorno a cui ruota, questa diventa ovviamente meno luminosa, in quanto la sua luce è oscurata da parte del pianeta. Osservando centinaia di migliaia di stelle per lunghi periodi, gli astronomi studiano come le loro luminosità variano e così possono rivelare la presenza di uno o più pianeti intorno ad esse.

Più un pianeta è grande, più marcato sarà il suo oscuramento della stella e, dunque, più facile la sua scoperta. Ma la dimensione non è tutto: anche la distanza dalla stella è molto importante. Tutti questi mondi si trovano estremamente vicini al loro Sole, e per compiere un’intera orbita intorno ad esso impiegano soltanto qualche giorno; in confronto, la Terra impiega un anno e Mercurio, il pianeta più vicino al nostro Sole, impiega circa tre mesi per completare una cosiddetta rivoluzione.

La vicinanza di questi pianeti alla stella che li ospita è quindi un altro fattore che ne facilita la scoperta: orbitando così velocemente intorno ad essa, la oscurano molto spesso, ed è quindi molto probabile che l’oscuramento sia notato dagli astronomi in tempi di osservazione compatibili con quelli umani. Un pianeta che impieghi mesi o anni a completare un’orbita intorno alla propria stella risulta invece elusivo, ma non del tutto impossibile da individuare.

“È solo una questione di tempo,” ha dichiarato Jon Morse, il direttore della Divisione Astrofisica presso il quartier generale della NASA a Washington. “Le prossime osservazioni effettuate con Kepler scopriranno pianeti con orbite sempre più grandi, finché non troveremo finalmente un analogo della Terra.”

Scoprire pianeti situati a distanze “ragionevoli” dalla stella intorno a cui orbitano è un passo cruciale nella ricerca di altri mondi che possano teoricamente ospitare forme di vita. La cosiddetta “zona abitabile” definisce la distanza esatta, intorno ad una stella, in cui la temperatura è tale da garantire l’esistenza di acqua allo stato liquido sulla superficie di un pianeta. Per il nostro Sole, questa distanza corrisponde all’orbita della Terra: più lontano o più vicino, e la vita “così come la conosciamo” non sarebbe stata possibile.

Nessuno degli oltre 400 pianeti scoperti finora si trova nella “zona abitabile” della propria stella, ma gli astronomi confidano in Kepler e sperano che riuscirà ad individuarne qualcuno nei prossimi anni. Ma la domanda circa l’esistenza di vita nell’universo non si esaurisce nella ricerca di forme viventi simili a quelle presenti sul nostro pianeta. “In altre zone di questo universo, è facile da realizzare, esiste tutto ciò che io non riesco ancora ad immaginare,” cantavano i Bluvertigo una decina di anni fa. Lasciamoci sorprendere dall’inimmaginabile.

CLAUDIA MIGNONE

Nell'immagine in alto, i cinque nuovi pianeti scoperti dal satellite Kepler e le loro dimensioni, confrontate con quelle di Giove e della Terra; in basso, una rappresenzatione artistica di uno dei cinque, invivibili nuovi mondi. Fonte: NASA/JPL-Caltech/T. Pyle (SSC)

1 commento:

  1. Nel post precedente c'era una domanda... cosa ne sara' di questo blog dal 2010?

    questa potrebbe essere una risposta!

    forse con un po' meno regolarita', ma credo che continueremo ad aggiornare il blog e a raccontare un po' di astronomia anche per quest'anno...

    restate sintonizzati,
    claudia

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