giovedì 26 febbraio 2009

Space debris: inquinamento spaziale


E' una notizia di due settimane fa: un satellite americano per le telecomunicazioni si è scontrato in orbita con un satellite russo in disuso. Quando è iniziata l'era spaziale (nel 1957 con il lancio di Sputnik 1), nessuno pensava a un problema di questo tipo, perché lo spazio allora era vuoto. Con il passare degli anni, però, si è andata formando intorno alla Terra una popolazione di corpi artificiali, alcuni piccoli come un granello di polvere, altri grandi come un'automobile. In altre parole, l'essere umano non sta contaminando di rifiuti solo il pianeta Terra, ma anche lo spazio circostante. Si usa definire come "space debris" (letteralmente, detriti spaziali) tutto ciò che è stato lasciato in orbita da una missione spaziale e che non riveste ormai più nessuna funzione. Satelliti interi, pezzi di razzi, serbatoi, bulloni, batterie, frammenti che risultano da esplosioni o collisioni.

Questi oggetti vengono cercati e monitorati dalla comunità internazionale, attraverso telescopi e radar e tecniche matematiche molto sofisticate. Esistono cataloghi, come il database Discos (Database and Information System Characterising Objects in Space) dell'ESA (European Space Agency), che contengono informazioni dettagliate sugli space debris noti, informazioni che sono utilizzate per evitare collisioni con corpi attivi, come l'Iss (International Space Station). Al momento, i detriti catalogati sono circa 10000, la cui metà sono satelliti non operativi. Purtroppo, nessuno conosce il numero esatto degli oggetti le cui dimensioni sono dell'ordine del centimetro, essendo molto difficile con qualsiasi tecnica rilevarli.

Anche corpuscoli tanto piccoli possono creare danni significativi, dal momento che quello che conta di più e la velocità a cui si stanno muovendo, normalmente dell'ordine delle migliaia di chilometri rari. Detriti dal diametro di 1 millimetro non mettono a serio rischio le funzioni di un satellite, anche se possono nuocere alle strutture ottiche ed a tutte le superfici più sensibili. Detriti delle dimensioni di qualche centrimetro possono penetrare nella struttura del satellite stesso e creare a loro volta una nuvola di frammenti, amplificando il fenomeno. Esistono scudi che possono essere montati allo scopo di scongiurare questi eventi, ma questo non pu`o essere eseguito in tutte le missioni.

A causa del numero crescente di oggetti spaziali non operativi in orbita intorno alla Terra, sono state messe a punto delle procedure guida per abbassare il rischio di collisione con satelliti in funzione. In particolare, esistono due organismi internazionali che si occupano di creare un codice di condotta e delle leggi comuni a tutte le nazioni. Si tratta del Iasdc (Inter Agency Space Debris Coordination Committee) e del Uncopuos (Scientific and Technical Subcommittee of the Un Committee on the Peaceful Use of Outer Space).

Uno dei metodi standard adottati finora consiste nel far rientrare i satelliti spenti attraverso un ritorno controllato o non. In altre parole, l'ultimo carburante disponibile viene sfruttato per avvicinarsi il più possibile alla Terra e cadere poi in qualche oceano oppure disintegrarsi nell'atmosfera. In altri casi, si opta per spostare il detrito in una "regione sicura" dello spazio, una specie di cimitero per satelliti. In futuro, ci si raccomanda di poter eliminare completamente questi rifiuti spaziali, ma per ora la tecnologia non lo consente.

ELISA MARIA ALESSI


Nell'immagine di Analytical Graphics, Inc. si possono vedere le traiettorie dei due satelliti Iridium e Cosmos (al centro e in alto a destra) e il guscio di "spazzatura spaziale" che circonda la Terra (in basso a destra).

Nessun commento:

Posta un commento