giovedì 14 ottobre 2010

Il Belpaese non conquista i cervelli


La scorsa settimana si è celebrata l'annuale cerimonia per il conferimento dei premi Nobel. Futura ha omaggiato l'evento pubblicando due articoli, uno dei quali sul grafene, materiale "bidimensionale" che ha fatto conquistare il premio Nobel a Kostantin Novoselov e Andre Gaim. I due fisici sono di origine russa anche se Novoselov ha cittadinanza inglese e Gaim cittadinanza olandese. Entrambi lavorano presso l'Università di Manchester. Questo fa si che l'orgoglio derivante dall'avere ottenuto un premio così prestigioso vada diviso tra diverse nazioni. La Russia può adesso vantarsi di avere dato i natali ad altri due premi Nobel (raggiungendo così quota 23). I Paesi Bassi hanno già aggiunto Gaim alla loro (relativamente lunga) lista raggiungendo così quota 19. Infine l'Università di Manchester può ora vantare 25 premi Nobel, nonostante i recenti tagli ai finanziamenti per la ricerca attuati dal governo britannico.

Uno scenario così internazionale è da considerarsi come classico esempio delle dinamiche che caratterizzano la ricerca scientifica soprattutto negli ultimi decenni. Gli istituti di ricerca sono dei veri e propri luoghi di raccolta di persone capaci e brillanti a prescindere dalla loro nazionalità. E queste stesse persone prima di approdare in un istituto dove si stabilizzano hanno raccolto per diversi anni esperienze lavorative in molti altri Paesi. I premi Nobel per la fisica 2010 esemplificano appunto questi aspetti. In genere, uno sguardo alle statistiche di famigerate università (ad esempio Columbia, Cambridge e Chicago) rivela che questo carattere squisitamente internazionale è tipico: spesso questi centri di ricerca sono il luogo in cui accademici di diverse nazionalità svolgono le loro ricerche di punta.

Volgiamo adesso lo sguardo al nostro Belpaese cercando di capire come si mostra da questa prospettiva. L'Italia ha dato i natali a 20 premi Nobel. Vogliamo soffermarci solo sui 12 che rientrano nella categoria di ricerca scientifica (fisica, chimica, fisiologia e medicina). Di questi quasi tutti hanno svolto ricerca in istituti italiani anche se non mancano le eccezioni. Si prenda, ad esempio, il caso del premio Nobel per la fisica 2002 Riccardo Giacconi che dopo la laurea all'università di Milano è sbarcato oltreoceano e ha condotto l'intera carriera scientifica negli Stati Uniti (tanto da prenderne la cittadinanza). Probabilmente, questo caso rientra nel tristemente famoso effetto "fuga-di-cervelli" che vede l'Italia svuotarsi di molti scienziati ambiziosi e capaci che vanno in altri Paesi alla ricerca di stimoli e riconoscimenti.

I dati sui Nobel italiani però nascondono un altro allarmante fenomeno. Infatti, sono solo 5 le università italiane (Pisa, Roma, Torino, Bologna e Milano) che possono vantare dei Nobel tra i loro accademici. E si noti che i Nobel di queste università sono italiani (Fermi, Rubbia, Montalcini solo per menzionarne alcuni). Cose ne è di quel paradigma internazionale a cui facevamo riferimento all'inizio dell'articolo? Se le dinamiche internazionali sono ormai intrinseche nelle modalità scientifiche moderne, perchè l'Italia ne è fuori? Quando ci sarà dato gioire perchè una struttura italiana ha ospitato uno scienziato straniero permettendogli di svolgere un progetto da premio Nobel?

Il problema è quindi duplice. Da un lato sempre più studiosi italiani lasciano l'Italia, dall'altro sempre meno studiosi stranieri sbarcano in Italia per svolgere le loro ricerche. È un'immagine chiara. In queste condizioni, l'Italia è un lago destinato a prosciugarsi: un flusso sempre crescente in uscita e un afflusso quasi nullo. Questo non può che portare ad un paesaggio scientificamente arido in tempi brevissimi. Paradossalmente, una semplice soluzione porterebbe rapidi cambiamenti. Infatti, un finanziamento adeguato dei centri di ricerca ridurebbe inevitabilmente il flusso di ricercatori italiani verso l'estero. E allo stesso tempo, darebbe visibilità in un panorama internazionale alla ricerca svolta in Italia rendendo il Belpaese una possibile scelta per un'immigrazione qualificata e continua e non solo per il turismo mordi-e-fuggi. Il meccanismo potrebbe subito entrare a regime e auto-incentivarsi. Basterebbe vedere al di là delle contingenze momentanee ed investire nel campo della ricerca. Il lago da arido, potrebbe addirittura straripare. Basterebbe volerlo, piuttosto che aspettare la pioggia.

MARCELLO CACCIATO

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