giovedì 20 novembre 2008

Quando Plutone era un pianeta

L'età dell'innocenza raccontata da un'astronoma

Per quasi un secolo i bambini a scuola hanno imparato che il sistema solare è formato da nove pianeti: Mercurio, Venere, la Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno e Plutone. I primi quattro sono piccoli e fatti di roccia, i secondi quattro sono invece giganti e composti da una miscela di gas. E poi c'era Plutone.

Plutone ha sempre avuto un fascino esotico, con le sue caratteristiche un po' fuori dal comune: l'ultimo ad esser stato scoperto, nel 1930, è il più lontano dal Sole, ma non sempre - la sua orbita altamente eccentrica interseca leggermente quella di Nettuno, che regolarmente prende il posto di pianeta più lontano. Inoltre, Plutone è estremamente piccolo, molto più piccolo dei quattro pianeti rocciosi più prossimi al Sole, niente più che un sasso in confronto ai più vicini pianeti gassosi, rispetto ai quali deve aver avuto una diversa origine.

Finché era un pianeta, Plutone aveva anche un satellite, Caronte, che non è però molto più piccolo di Plutone stesso, al contrario di tutti gli altri satelliti del sistema solare, sensibilmente più piccoli dei loro rispettivi pianeti. Caronte è stato identificato come satellite per ragioni essenzialmente storiche, in quanto scoperto oltre 40 anni dopo Plutone, ma sarebbe più opportuno considerare entrambi come un sistema binario di pianeti. O forse, non considerare pianeta nessuno dei due. Questa decisione, che a prima vista può sembrare un po' drastica, nasce da una serie di nuove scoperte, avvenute nell'ultimo decennio, di altri corpi celesti, ancora più distanti dal Sole e con massa simile a quella di Plutone. Si tratta di nuovi pianeti? E quanti altri se ne scopriranno nei prossimi anni? Queste ed altre domande hanno portato l'Unione Internazionale degli Astronomi a chiedersi cosa sia esattamente un pianeta.

Nel 2006 la risposta: una nuova, più precisa definizione di pianeta. Non basta che orbiti intorno al sole e che abbia una forma approssimativamente sferica, ci vuole una caratteristica aggiuntiva, legata alla dinamica del corpo stesso: per essere un pianeta, deve avere una massa significativamente più grande di tutti gli altri corpi che si trovano nella sua orbita. Con il suo scomodo compagno Caronte, Plutone non soddisfa questa definizione e così, dopo 76 anni, ha smesso di essere un pianeta.

Intendiamoci bene: nulla cambia sostanzialmente nel sistema solare, né tanto meno nell'universo. Plutone è sempre lì che gira intorno al sole, è solo la sua definizione ad essere diversa. Eppure leggere su un libro di scienze fresco di stampa o sui pannelli appena aggiornati di un planetario che i pianeti sono otto, e non nove, lascia spiazzati in molti, che si trovano a doversi abituare ad un cambiamento repentino, dopo esser stati convinti per anni che la situazione fosse diversa, e che non sarebbe mai mutata.

Anche nella vita di uno scienziato arriva un momento del genere, prima o poi, in cui Plutone smette di essere un pianeta. Nell'immaginario comune, gli scienziati sono dei personaggi carichi di entusiasmo, sempre sull'orlo di nuove, grandi scoperte. Sembra quasi che non abbiano mai perso quella incontenibile e genuina curiosità che probabilmente avevano sin da ragazzi, e che li ha portati a fare questo lavoro. Ma non è affatto così.

Molti, se non tutti, hanno uno o più periodi di forti dubbi e realizzano, dopo averla praticata attivamente per qualche tempo, che la scienza non è quell'attività meravigliosa che immaginavano da bambini, e non lo è per tanti, diversi motivi. Ci sono ovviamente quelli più squisitamente logistici, ovvero la precarietà, il doversi spostare continuamente, il futuro incerto che caratterizzano questo lavoro adesso, forse, come non mai. Certo contribuisce la sensazione di doversi vendere continuamente come dei clown perché chi finanzia sono burocrati senza alcun senso della scienza, accompagnata da uno scollamento con il resto della società, che degli scienziati pare non capire né i progressi né i problemi.

Ma la caduta delle maschere ha anche radici più sostanziali. Quando si raggiunge la consapevolezza che la scienza non potrà mai spiegare tutto, che ogni risultato si basa su una serie di assunzioni e approssimazioni, talvolta inesatte, diventa difficile ignorarla. Si inizia a fare scienza credendo di essere liberi, e ci si ritrova legati dentro meccanismi che si fatica a identificare. C'è chi finge di non vederli, e va avanti, un po' per inerzia. Ma c'è anche chi continua a guardarsi intorno, a tratti sfiduciato, però sempre curioso di scoprire cosa succederà di nuovo. C'è chi cambia campo, alla ricerca di un sogno meno perfetto dell'originale, ma forse più sopportabile. E c'è chi osserva la propria disillusione, e la accetta, e cerca di imparare anche da essa. Le maschere sono cadute, Plutone non è più un pianeta e la scienza non è straordinaria come si pensava un tempo. Ma Plutone adesso è un 'pianeta nano', e con esso ne conosciamo già altri quattro; ancora più lontano ci sono una miriade di altri oggetti che ancora aspettano di essere scoperti e classificati. La scienza non sarà straordinaria, ma la natura che essa cerca di descrivere lo è, e la curiosità nei suoi confronti non si spegne così facilmente.

CLAUDIA MIGNONE

Le immagini che accompagnano quest'articolo sono state scelte tra le opere in concorso nell'ambito del programma Catch a Star, una competizione per studenti delle scuole di tutto il mondo indetta annualmente da ESO, l'ente europeo per la ricerca astronomica (www.eso.org).

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